Future

Volare con l'idrogeno

Una delle chiavi tecnologiche per la decarbonizzazione del trasporto aereo si basa sul primo elemento della tavola periodica, e il lavoro di sviluppo in corso promette emissioni azzerate.

Jan 2022

Secondo molti studiosi, tra cui gli scienziati dell’IPCC l’Intergovernmental Panel for Climate Change in seno all’ONU, entro il 2050, fino a quasi l’85% dell’energia globale consumata dall’uomo sarà elettrica e prodotta principalmente da fonti rinnovabili. In parallelo, l’abbandono progressivo delle fonti fossili (carbone, petrolio e metano) diminuirà le emissioni di CO2 causa del riscaldamento globale, contribuendo all’obiettivo, vitale per il pianeta, di mantenere l’aumento della temperatura terrestre sotto la soglia di 1.5°.

Anche nei trasporti, energia elettrica e fonti rinnovabili sono elementi centrali per abbattere le emissioni generate dalla mobilità dei beni e delle persone nel mondo. L’aviazione, che rappresenta circa il 2% del totale emissioni di CO2 generate dall’uomo, ormai da anni, sta puntando su elettrificazione del volo e carburanti prodotti da fonti naturali sostenibili o di scarto (Sustainable Aviation Fuels).

C’è però ancora un asso nella manica della ricerca aeronautica, un elemento che da un lato è a tutti gli effetti un tipo di SAF (precisamente, detto “non drop-in”), e dall’altro può essere sfruttato in una seconda modalità finalizzata alla propulsione aerea: l’idrogeno. Un elemento abbondantemente presente in natura e al centro dello sviluppo di nuove tecnologie e architetture aeronautiche.

L’idrogeno può infatti alimentare un motore aereo principalmente in due modi: il primo è tramite una fuel cell (cella a combustibile), un dispositivo basato su una reazione elettrochimica prodotta attraverso la ionizzazione di idrogeno e ossigeno, capace di produrre energia elettrica che alimenta i motori elettrici e viene accumulata in batterie.

Il secondo modo è la combustione diretta dell’idrogeno, in questo caso liquido (LH2), che, come un SAF, sostituirebbe il carburante tradizionale e, per essere immesso direttamente (proprio perché “non drop-in”), richiederebbe importanti investimenti nella tecnologia motore e insieme radicali trasformazioni della configurazione velivolo. Questo, in primis, a causa della densità energetica dell’idrogeno che - per unità di volume - è circa quattro volte inferiore rispetto ad altri idrocarburi. .

Jennifer Pogliano, parte del team che in Avio Aero lavora ai programmi di ricerca Europei e che interagisce con un network di Università e centri specializzati del continente, si occupa delle tecnologie emergenti per la decarbonizzazione. E oggi, insieme ad altri colleghi europei di Avio Aero e GE, si sta dedicando totalmente alla sfida dell’idrogeno.

“L’impresa è tutt’altro che banale, ma se gli sforzi dell’industria possono contare su supporto adeguato da parte delle istituzioni, entro il 2035, potremmo aspettarci di vedere un velivolo con propulsione a idrogeno sul mercato” afferma Jennifer. “Chiaramente, in parallelo, anche il sistema infrastrutturale dovrà essere approntato e adeguato alle peculiarità di questo combustibile”.

È questo, tra gli altri, l’altro aspetto che complica l’impresa di ingegneri e ricercatori nel portare in volo aerei spinti da motori H2: l’idrogeno sotto forma liquida necessiterebbe di serbatoi circa 3-4 volte più grandi, andando a impattare notevolmente su forma e dimensioni del velivolo – ha bisogno di essere conservato a temperature fino a -250° per mantenere lo stato liquido.

“Si dovrà, con molta probabilità, ripensare completamente la fusoliera” aggiunge Jennifer, “e, allo stesso tempo, l’intero sistema di distribuzione, vaporizzazione e alimentazione del combustibile, a monte della camera di combustione, dovrà sostenere temperature criogeniche, evitando fenomeni di evaporazione improvvisa, perdite o infragilimento dei materiali. Questi due punti danno già un’idea della grandissima sfida, specie per gli aspetti relativi alla sicurezza, che sono assolutamente imprescindibili nel nostro settore”.

In linea di principio, qualsiasi motore aereo (sia esso turboelica o turboventola) può operare utilizzando idrogeno. Come conferma Thomas Ripplinger, esperto del team di Advanced Aviation Technology di Monaco di Baviera specializzato in discipline termiche e turbomacchine a gas: prima di entrare in GE, nel suo percorso professionale ha lavorato per grandi player come MTU e Pratt & Whitney.

“Teoricamente, un motore a idrogeno funziona proprio come una turbina a gas, salvo presentare al suo interno componenti riprogettati per funzionare con idrogeno liquido: in primis, combustore, sistema di rifornimento e turbine”, spiega Thomas. “I motori turboelica sono molto usati nel segmento privato a corto raggio o regionale, quindi, puntare sulla tecnologia a idrogeno nei turbofan che equipaggiano motori per aerei a medio o lungo raggio, a singolo o doppio corridoio, avrebbe un impatto evidentemente maggiore nell’abbattere le emissioni del trasporto aereo.”

Secondo Thomas Ripplinger - come secondo gli altri colleghi di Avio Aero e della Federated European Engineering di GE Aviation, che sono coinvolti a vario titolo nell’epocale sfida tecnologica condotta anche in collaborazione con l’ingegneria negli headquarter americani – esiste già un ampio ventaglio di opzioni per la forma e configurazione di aerei a idrogeno.

“Gli aerei del futuro, con motori alimentati a idrogeno liquido, potrebbero essere quasi uguali ai moderni, incamerando LH2 nella fusoliera e nelle cavità delle ali, ad esempio. Fino a presentare silhouette inedite per l’aviazione civile: ali più grandi e capaci di trasportare serbatoi per l’idrogeno su voli intercontinentali. La tipologia di configurazione dipenderà soprattutto dalla data di entrata in servizio dei velivoli e dal raggio” aggiunge Thomas.

Un altro tema centrale per la ricerca aeronautica è legato alla produzione dell’idrogeno, ovvero alla sua tipologia: ad oggi, l’idrogeno presente in natura deve essere estratto dagli idrocarburi o dall’acqua, tramite elettrolisi o termolisi, processi che richiedono consumo di energia e dunque emissioni. Esistono poi anche processi biotecnologici, come l’estrazione da alghe o dai rifiuti, e processi basati sulla fusione nucleare (ancora in fase di studio).

“Affinché l’utilizzo d’idrogeno sia davvero ‘carbon free’, dobbiamo considerare le emissioni lungo tutta la filiera”, spiega Jennifer. “Infatti, possiamo distinguere tra grey, blue e green hydrogen, a seconda del processo produttivo: nei primi due si ricava da idrocarburi (come il metano) emettendo CO2 che solo nel caso del blue hydrogen viene parzialmente catturata o smaltita, mentre il green si ottiene con l’elettrolisi dell’acqua attivata tramite fonti rinnovabili (solari, eoliche, ecc.). Quest’ultimo è il solo sostenibile al 100%”.

La missione di GE Aviation, che punta al raggiungimento di zero emissioni nette entro il 2050, si concentra dunque su tre fronti tecnologici – SAF (del tipo drop-in), motori ibrido-elettrici e idrogeno – e per quest’ultimo, il più pioneristico, l’impegno e il coinvolgimento di specialisti è davvero globale: dall’America, all’Europa, fino all’Asia con i centri in Turchia e a Bangalore. “Abbiamo l’opportunità di contare su eccellenti competenze”, dice Thomas, “e anche su programmi patrocinati dai governi e sulle infrastrutture dei nostri siti mondiali”.

“Come Avio Aero - nell’ambito della sfida globale di GE Aviation e in collaborazione con i principali attori della nostra industria, con le università e i centri di ricerca, le PMI – siamo pronti a unirci alla missione descritta nella SRIA (la Strategic Research and Innovation Agenda) di Clean Aviation - Joint Undertaking” aggiunge Jennifer.

E sarà ancora una volta fondamentale la connessione con Clean Aviation: la partnership pubblico-privata della Commissione Europea ha infatti identificato tre key thrusts (spinte cruciali) per gli sforzi in ricerca e innovazione che porteranno all'efficienza energetica e alla riduzione delle emissioni dei futuri aerei.

Queste tre sono, nella fattispecie, le architetture motore ibrido-elettriche e completamente elettriche e la loro integrazione digitale con motore e velivolo; le architetture con sistemi di propulsione termica altamente integrati e ultra-efficienti, anche nel consumo di carburante, (essenziali per il passaggio a sistemi di propulsione a bassa o zero emissioni che richiederanno più energia, costi e risorse a disponibilità limitata); e infine, le nuove dirompenti tecnologie basate sull’alimentazione a idrogeno (in particolare liquido, come combustibile alternativo a zero emissioni di CO2).

“L’ambizione dell’idrogeno come energia per il volo avrà bisogno di un supporto importante delle istituzioni, per complessità dell’impresa e dimensione degli investimenti richiesti” conclude Jennifer. “Noi siamo pronti a farci da promotore al dialogo tra tutti gli attori coinvolti con l’obiettivo di dimostrare la fattibilità ed i benefici di tale soluzione tecnologica, che potrà realmente aprire una nuova era dell’aviazione.”