Future

L'Università secondo Cupertino

Il neoeletto rettore del Politecnico di Bari racconta la sua visione del mondo accademico, della collaborazione con l’industria e di come la partnership con Avio Aero ha segnato il suo percorso.

Jul 2019

Nemmeno lo stesso Francesco Cupertino - barese, classe 1972 - avrebbe mai immaginato che una volta completato con successo il suo percorso di studi in Ingegneria Elettro-Tecnica nel Politecnico di Bari nel 1997, ne sarebbe addirittura diventato il rettore

“In realtà, ero interessato all’applicazione tecnica, concreta, di ciò che avevo studiato. Volevo lavorare nell’industria”, racconta il Professor Cupertino. Alla fine, con le aziende è riuscito ugualmente a lavorare, diventando anche un punto di riferimento per varie realtà industriali e, nello specifico, per Avio Aero. In partnership con il business italiano di GE Aviation, infatti, non solo ha fondato il laboratorio Energy Factory Bari (EFB), ma ha anche supportato la nascita dell’Additive Repair Development Center per le riparazioni dei componenti di motori aerei e, cosa più importante, ne ha condiviso l'eccellente percorso di crescita.

Il 2 luglio scorso Cupertino, docente ordinario di Convertitori, Macchine e Azionamenti Elettrici nel Politecnico barese, è stato eletto nuovo rettore con il 59% delle preferenze per un mandato che durerà sei anni: i voti più determinanti sono provenuti in grandissima parte dagli studenti. La data era forse scritta nel destino, poiché proprio il giorno seguente, 3 luglio, ricorreva il nono anniversario della nascita del laboratorio EFB

Quali sono state le esperienze e i momenti salienti del suo percorso, partendo proprio dalla sua carriera di ricercatore e professore ordinario?

“Ciò che mi dissuase dalla carriera in azienda, subito dopo la laurea, fu l’opportunità di occuparmi di ricerca alla University of Nottingham. Ci rimasi un anno. E la scelta risultò vincente perché non solo appresi un modo virtuoso e diverso di fare ricerca, più orientato alle applicazioni finali, ma all’epoca in quell’ambiente già si cominciava a guardare al futuro ibrido-elettrico dell’aviazione. Seguivamo progetti europei in questo campo ed esisteva un centro specializzato in cui si studiavano già sistemi elettrici aeronautici. Tornato in Italia, a Bari, cominciai a importare e applicare quello che avevo imparato: aprii il primo laboratorio con l’università e cominciai a collaborare con le aziende, cercando di raccogliere opportunità di ricerca nei diversi settori. Il territorio di Bari è caratterizzato principalmente dall’industria elettromeccanica, perciò le prime tematiche trattate erano legate a robotica e automazione. Abbiamo lavorato su progetti di rilievo internazionale che prevedevano lo scambio di ricercatori tra atenei di paesi diversi, e abbiamo fatto passi da gigante nella ricerca applicata. Questo mi fece capire il valore della collaborazione e del confronto scientifico a livello internazionale. Poi nel 2008, la crisi finanziaria non solo incise sulle risorse destinate alla ricerca, ma anche sulle carriere: per molto tempo le nuove assunzioni pubbliche, e l'assegnazione delle cattedre ovviamente, rimasero bloccate. Sono diventato professore soltanto nel 2014, sebbene già da tempo avessi ricevuto proposte professionali (da soggetti pubblici e privati) italiane e straniere. Ma mi ero intestardito a rimanere in Italia, a Bari in particolare: ne facevo una questione di orgoglio e di affezione al territorio.”  

Il 2 luglio scorso Cupertino è stato eletto nuovo rettore con il 59% delle preferenze per un mandato che durerà sei anni, i voti più determinanti sono provenuti in grandissima parte dagli studenti.

Proprio in quel periodo incontra alcuni ingegneri di Avio Aero e crea l’EFB, forse uno dei primi laboratori del suo genere nel sud Italia: come è accaduto?

“Esattamente: nel 2010 ero sul punto di arrendermi e abbandonare la carriera universitaria, ma ricevetti l’inaspettato contatto di Avio Aero che mi introdusse al suo network di collaborazione universitaria. Fu un lavoro di condivisione, di idee e di esperienze di ricerca in collaborazione con l’industria. In quel periodo Avio Aero voleva avviare delle attività di ricerca sulle applicazioni elettriche ed elettroniche per motori aeronautici, e incontrando vari professori e ricercatori universitari competenti su queste discipline arrivarono a noi. La prospettiva di avviare degli studi di questo genere ci allettò molto: sarebbe stato possibile integrare sempre più dispositivi e sistemi elettrici con il motore e i suoi componenti fisici. Partimmo con la missione di creare un ponte tra l’elettronica e la meccanica per gli aerei, e in questo senso tornarono molto utili i miei trascorsi in Inghilterra che, per il settore aeronautico, mi avvicinarono a leader come Boeing e Airbus.”

All’EFB, si studiano tecnologie avanzate per i motori aeronautici: sistemi di controllo motore digitali, sistemi e componenti per la propulsione ibrida-elettrica. Quali saranno le soluzioni vincenti in questo campo?

“Parlando di EFB, uno degli aspetti più premianti per il nostro lavoro sono senza dubbio le visite ricevute da parte di aziende aeronautiche e istituzioni, università specializzate nelle discipline che studiamo in laboratorio. Il loro interesse per gli studi, le competenze e gli strumenti di cui disponiamo, ci ha sempre inorgoglito e fatto capire che quello che facciamo a Bari avrà di certo un impatto sull’aeronautica dei prossimi anni. Se guardo alle priorità del futuro dal punto di vista tecnico-scientifico, ovvero Ambiente, Energia e Mobilità, penso che l’EFB sia direttamente connesso alla urban air mobility del futuro. Sicuramente, il punto cruciale della propulsione ibrida o totalmente elettrica è garantire la sua totale affidabilità, la sicurezza in volo: questo significa che gli sforzi devono tendere verso i requisiti di certificazione e verso la dimostrazione che un velivolo alimentato in questo modo sia ugualmente, se non maggiormente, più sicuro di un velivolo tradizionale. Questi sforzi si realizzano attraverso la ricerca sui singoli componenti del motore, come dell’aereo, e quindi prevedono un dialogo costante con i costruttori di aerei.”

Il campus del Politecnico di Bari ospita un altro importantissimo laboratorio creato con Avio Aero per lo sviluppo della tecnologia additive nelle riparazioni di parti di motori aerei: qual è il suo punto di vista su questa rivoluzionaria tecnologia?

“Il mio ruolo è quello di referente unico della collaborazione tra Avio Aero e il Politecnico, ogni laboratorio poi ha anche ricercatori e responsabili provenienti dall’università che lavorano assieme al personale dell’azienda. L’Additive Repair Development Center è nato proprio grazie a questa convivenza, a questa continua contaminazione di idee e tecnologia: se non fossimo stati quotidianamente nello stesso luogo e avessimo invece collaborato a distanza, molto probabilmente non avremmo beneficiato di certi vantaggi. Solo così, infatti, si sono potuti comprendere i bisogni di evoluzione e di ricerca per una tecnologia di cui Avio Aero è pioniere, e solo così si sono potuti realizzare quei bisogni con competenze e strumenti presenti nel nostro ateneo e fortemente orientati all’additive. Il Repair Development Center è un’evidenza di questo beneficio, e il suo attuale aspetto, è la versione (in scala maggiorata) dei laboratori nati nel nostro dipartimento di meccanica.”

Attrarre talenti tecno-scientifici è una missione essenziale per l’industria e per il paese: guardando al settore aerospaziale, in che misura il Politecnico di Bari si orienta alle richieste di determinate figure professionali e come la formazione può elevarsi in futuro?

“La grande industria, come proprio Avio Aero e General Electric, ti permette di pensare in grande, a partire dal tuo ateneo. Ovvero, partendo dalla fonte del talento, ti permette di allargare l’orizzonte sulle applicazioni, arrivare a consumatori, alle altre industrie, influire sul benessere e sul livello tecnologico del paese. Il dialogo tra questi soggetti, per orientare l’offerta formativa e anticipare il mercato del lavoro, è essenziale. Recenti studi europei confermano questa tesi e collocano l’Italia tra le ultime posizioni di una particolare classifica in cui si racconta, sostanzialmente, come non orientiamo adeguatamente i nostri talenti e le loro ambizioni verso percorsi formativi che garantiscano una piena e stabile occupazione. E non si tratta di un deficit territoriale (il centro o il nord del Paese ad esempio non fanno meglio di Bari), ma di una questione di adeguatezza, efficacia della formazione. La soluzione parte già dall’indirizzamento, dalla famiglia e dalle scelte che si fanno prima alle scuole medie o alle superiori. Il mercato, infatti, continua a dirci che c’è richiesta di competenze e professionalità che difficilmente si trovano, mentre vi è abbondanza di laureati e diplomati che si collocano con grande fatica nel mondo del lavoro.

Capita molto spesso che i giovani facciano un lavoro per cui non sono preparati, capita che lo imparino sul posto di lavoro, e questo accade perché il mondo accademico da cui provengono si mostra chiuso all’esterno, ragiona in modo autoreferenziale. Questo non succede per il Politecnico di Bari e accadrà sempre meno per molti altri atenei virtuosi: la ricetta è quella di aprirsi al mondo esterno, alle evoluzioni del lavoro, alle aziende, e guardare a ciò che sarà tra 10 o 15 anni. L’orizzonte temporale che interessa allo studente.”

"Dal punto di vista tecnologico-scientifico, le priorità del futuro sono Ambiente, Energia e Mobilità: il laboratorio EFB è direttamente connesso alla urban air mobility del futuro"

Talenti, sono in buona parte donne: secondo lei, quanto è ancora necessario promuovere o investire sulle carriere STEM (science, technology, engineering, maths) ?

“Il semplice fatto che ci troviamo a parlare di donne in percorsi STEM, e che siano gli uomini a parlarne, rappresenta già un’anomalia. Le selezioni professionali non devono essere influenzate dalla preferenza di genere solo per raggiungere numeri a fini promozionali. E' risaputo che, a parità del valore di un candidato, un ambiente di ricerca, studio o lavoro ricco di diversità, multicolore e decisamente 'multigenere', funzioni meglio. L’equilibrio di genere è qualcosa da ricercare, ma se guardiamo alle ricercatrici o alle colleghe professoresse ordinarie del Politecnico siamo ancora a livelli tragicamente bassi. Di nuovo la soluzione potrebbe, e secondo me dovrebbe, venire dall’orientamento: prospettando sin dalle scuole superiori e dall’inizio dell’università quali carriere, aspirazioni e professioni sono possibili per le ragazze, in pratica tutte le carriere. La soglia di ingresso deve certamente aumentare, in favore degli studi ma anche, e di più, delle professioni accademiche.”

Cover artwork credits, Giuseppe Cervelli - Avio Aero, EFB.