Culture

L'importanza delle Storie

Un premio speciale alla capacità di raccontarsi attraverso casi studio, prodotti, progetti, iniziative e soprattutto persone, ecco perché lo Storytelling di Avio Aero funziona.

Nov 2018

In occasione del premio ricevuto da Avio Aero, tramite il digital magazine About, come Best Storytelling all’interno della ricerca .trust, condotta da Lundquist - che valuta la capacità delle aziende di raccontare il brand e il proprio business, posizionandosi nel contesto in cui operano e dando anche spazio agli stakeholder esterni - ho chiesto a Paola Mascaro, Vice President Communications & Public Affairs di Avio Aero, di raccontarci di più sulle logiche che guidano lo Storytelling di Avio Aero per comprendere a fondo le ragioni di questo riconoscimento. E questo è stato solo l’inizio di una bella conversazione ricca di interessanti spunti di riflessione sulle dinamiche e le prospettive della comunicazione aziendale in Italia (e non solo).

Scommessa vinta?

“Esatto, sì tratta proprio di questo. L’importanza di questo premio risiede nell’averci dato il segnale che questa scommessa la stiamo vincendo: la trasformazione richiede tempo e fatica per essere digerita ed elaborata all’interno di un’organizzazione, prima di essere riconosciuta all’esterno. E quando questo riconoscimento, per un’attività ancora così innovativa per il nostro Paese, avviene con una disponibilità di risorse e budget per forza di cose più limitata rispetto ai grandi gruppi che concorrevano al premio e che di fatto sono global company con sede in Italia (Avio Aero invece è il business italiano di GE Aviation, ndr.), questo non può che essere per noi un ulteriore elemento di motivazione a proseguire sullo Storytelling, certo, ma anche a stare sempre al passo, pronti a saltare sul treno del cambiamento.”

Com’è lo Storytelling di Avio Aero?

“Autentico, perché racconta storie vere, di persone vere. Appassionato, perché la passione per questo lavoro è nel DNA dell’azienda e delle sue persone. Divertente, perché il modo in cui lo trattiamo è fresco, leggero, nonostante si parli di temi complessi: business, cultura aziendale, tecnologia e innovazione. Questa è una forte connotazione del nostro modo di comunicare: semplifichiamo ma non banalizziamo. È la nostra formula per comunicare l’innovazione a un pubblico così eterogeneo come quello degli stakeholder aziendali. Ma non è così immediato come sembra: è un aspetto che incontra delle resistenze nelle aziende che, solitamente, sono molto legate al proprio gergo che, spesso a sua volta, non è di facile comprensione per il pubblico esterno. Ne va tenuto conto quando si decide di intraprendere un progetto di questo tipo.”

Com’è iniziata?

“Il progetto è nato da alcune osservazioni che risalgono a un paio di anni fa. Avevamo l’obiettivo di rendere più moderna la comunicazione aziendale, avendo ben presente quale fosse stato il suo percorso evolutivo fino a quel momento: da comunicazione corporate, votata nell’ultimo periodo a una possibile quotazione in borsa o vendita, a una comunicazione più di business e di prodotto, più vicina ai progetti e alle persone. Una comunicazione che utilizzasse leve più B2C, nonostante noi fossimo - e siamo - un’azienda B2B. Così, abbiamo iniziato a osservare la realtà, fuori e dentro l’azienda: era ed è un dato di fatto quanto le connessioni tra le persone, aiutate dalla tecnologia, siano sempre più frequenti e utilizzate. L’Italia è il terzo Paese al mondo per numero di telefonini, passiamo quasi due ore al giorno sui social: dopo Corea del Sud e Hong Kong, siamo i più legati al mobile. E questo, come avevo già intuito nelle mie precedenti esperienze lavorative, abbatteva definitivamente il muro tra comunicazione interna ed esterna: logiche e strumenti dovevano essere gli stessi. Da lì, quindi, lo sviluppo delle prime app, l’intensificazione dell’uso dei social media, l’investitura dei nostri dipendenti come veri e propri ambassador dei messaggi e valori aziendali, l’utilizzo di molti video e immagini – insieme ai testi, naturalmente – per raccontare le nostre storie. Insomma, abbiamo preparato il terreno sul quale poggia, oggi, la piattaforma di Storytelling di Avio Aero. E parlo di proposito di ‘piattaforma’, perché oggi About non è più unicamente un magazine aziendale. Tanto più che è aperto a lettori esterni all’azienda.”

Cosa è cambiato in concreto? 

“La differenza principale è che lo Storytelling è un lavoro di squadra, e per squadra non intendo solo il mio team di comunicazione, ma parlo di tutte le figure aziendali. Il dipendente, a qualunque livello gerarchico appartenga, non è più unicamente il destinatario di una comunicazione che lo riguarda, ma ne è il protagonista, il soggetto principale. All’interno c’è lui, le sue passioni, l’amore che ci mette in quello che fa dentro e fuori dall’azienda. Non si tratta di un ‘maquillage’, ma di uno spostamento del baricentro. Bada bene, con questo non intendo che tutti siano Storyteller, bisogna sapere rendere accattivante la storia che si racconta. E questo lo fa la mia redazione, il mio team di comunicazione.

Quali competenze deve avere un team che fa Storytelling?

“Nel nostro caso, ho sentito l’esigenza di avere una persona dedicata interamente allo Storytelling, un Chief Storyteller, che non è l’unico Storyteller del team, ma è la persona che più degli altri viene valutata su quel risultato. Gli altri hanno la responsabilità di canali o stakeholders specifici: ufficio stampa, istituzioni, dipendenti etc... E tutti insieme lavorano al piano editoriale, partecipano alle riunioni di redazione, si confrontano e definiscono quali siano le priorità e i temi aziendali da affrontare, i tempi di realizzazione e uscita. Le competenze, quindi, sono quelle di un comunicatore aziendale unite a quelle di un giornalista. Non è un caso che, nel mio team, 3 su 6 siano giornalisti iscritti all’ordine, alcuni da più di 10 anni. È richiesta la conoscenza dei contenuti aziendali, quella degli strumenti e del loro miglior utilizzo, quella del linguaggio giusto da adottare per passare più efficacemente i messaggi. E naturalmente il saper scrivere, ça va sans dire.”  

"Occhi puntati verso l’esterno, così da essere pronti a portare in azienda gli stimoli raccolti fuori grazie al confronto, al networking, all’apertura al nuovo e al diverso."

Anticipazioni su cosa ci offrirà la comunicazione di domani?

Nessuna meta stabilita, altrimenti sarei già là! Le mie sensazioni e intuizioni, però, sono che l’immagine continuerà a essere importante: lo testimonia la crescita esponenziale negli ultimi tempi di Instagram in confronto agli altri social. Quindi su questo continueremo a lavorare, visto che abbiamo la fortuna di lavorare per un business, quello aeronautico, che offre una serie di immagini di grande impatto visivo ed emozionale. L’autenticità della comunicazione resterà la chiave, sarà più la sua interpretazione che evolverà. Non escludo che si possa arrivare a essere tutti una sorta di redazione. Del resto, è in linea con la tendenza delle aziende più consumer, alle quali continuo a guardare con interesse, che sempre più ricercano i propri influencer all’interno dell’azienda stessa, e non più fuori. Li si coltiva in casa, proprio in ragione di quell’autenticità di cui parlavo prima. Quindi occhi puntati verso l’esterno, mentre si va in esecuzione con le attività pianificate, così da essere pronti a portare in azienda, sotto forma di progetti, gli stimoli raccolti fuori grazie al confronto, al networking, all’apertura al nuovo. E al diverso, che è sempre la miglior forma di arricchimento.”