Culture

La Diva che c'è in te

Abbiamo scoperto, grazie al Women's Network, una storia professionale-umana che ispira e insieme una stupefacente invenzione hi-tech.

Jul 2017

In una torrida mattina di luglio, Diva Tommei arriva alla stazione centrale di Napoli con un treno proveniente da Roma, la sua città natale e quella in cui ha vissuto fino al conseguimento della laurea in biotecnologie. Appena la incontri rischi di commettere un fatale errore, figlio della stereotipante cultura italiana, errore che dopo lei ci descriverà perfettamente: Diva è una ragazza semplicissima, con questo si intende che difficilmente si penserebbe di trovarsi di fronte il CEO di una neonata start up hi-tech promossa addirittura dalla Qualcomm Robotics, ed è squisitamente cordiale oltre a mostrare ancora meno della sua giovane età.

Diva, 33 anni, è arrivata Napoli per raggiungere la sede Avio Aero di Pomigliano d’Arco dove la attendono per uno degli incontri che Cristina Faccia e il team del Women Network organizzano nell’ambito delle tematiche fondamentali per tutto il network: “women in tech” e “balance di equation”. L'incontro in questione era dedicato al Personal Branding: “cercavamo un testimonial in grado di ispirare e fornirci un modello vivente e vincente di personal branding femminile” ha spiegato Cristina, che è Compliance Leader di Avio Aero oltre che coordinatrice territoriale del Women Network. “Possiamo dire di avere centrato pienamente l’obiettivo, forse dando anche qualcosa in più, perché la forza e la passione di Diva sono arrivate a tutte le oltre 200 persone collegate da quattro siti” dichiara soddisfatta Cristina.

La testimonianza per questo “convegno” sul personal branding si è basata dunque sul percorso della giovane imprenditrice romana. Percorso che, oltre ad essere ascendente, è stato anche, come nelle migliori storie di successo, a scorrimento veloce. Diva, dopo la sua laurea in biotecnologie, forte di un’educazione scientifica ricevuta già in famiglia grazie al suo padre ingegnere e inventore, si dedica a un dottorato di ricerca in bio-informatica. Punto di svolta, quello delle storie con una porta girevole: Diva frequenta il dottorato a Cambridge, e proprio a causa di una reazione (forse tipicamente mediterranea) all’uggioso clima inglese e alla permanenza in un ufficio piuttosto buio sviluppa una geniale idea per risolvere un problema.

Inizia infatti a soffrire di una particolare sindrome che la fa sentire stanca e priva di energie, si tratta del Seasonal Affective Desorder. A quel punto decide di stampare in 3D il primo prototipo di eliostato, o meglio il prototipo dell’invenzione che le cambierà la vita. Nel frattempo, Diva perfeziona il prototipo che le permette di illuminare ambienti chiusi utilizzando direttamente la luce solare: addirittura molti dei suoi colleghi di corso e amici in Inghilterra le commissionano lo stesso dispositivo per poterlo adoperare, se non per la stessa sindrome, certamente per godere del beneficio. 

A questo punto, la scintilla! Diva decide di iscriversi a un corso sulle tecnologie esponenziali e imprenditoria alla Singularity University in California. Non si tratta di una vera e propria università, è piuttosto un’organizzazione che si pone la missione di “educare, ispirare e aiutare i leader ad applicare le tecnologie esponenziali per affrontare le grandi sfide dell'umanità”. In questo contesto, può sia studiare per capire come promuovere sia crescere da imprenditrice, mentre continua a coltivare con la scienza il suo prodotto. Si evolvono, quindi, otto versioni del suo prototipo che con il tempo migliorano l’intelligenza data dal software e la meccanica.  

Bussa intanto a diverse porte, fino a trovare un incubatore di tutto rispetto: la Qualcomm Robotics di San Diego, California. Il gioco si fa ancora più interessante e all’inizio del 2015 Diva, insieme al suo team (che  al momento continua a crescere e strutturarsi), sviluppa il prodotto di lancio, Caia. Si tratta di un robot che è in grado di illuminare ambienti interni con la luce naturale del sole. Funziona grazie alla rotazione di uno specchio intelligente che permette di assorbire e incanalare (o indirizzare grazie all’intelligenza artificiale) il riflesso e la luce solare dentro l’ambiente stesso in cui si trova. Il nome è assolutamente di matrice matronale-capitolina: Caia era la Dea del fuoco, della guarigione e delle donne presso gli antichi romani. “Il motivo per cui ho fondato Solenica, e creato Caia, è stato proprio per offrire alle persone una soluzione, se non al mio stesso problema per lo meno a vari problemi legati alla mancanza di luce solare” dice Diva, “forse per una predisposizione familiare che ho da sempre per le invenzioni”.

“La prima impressione che hai parlando con Diva è quella di una ragazza che ha messo, e continua a mettere, mente e cuore in tutto quello fa” racconta Paola Mascaro, Communications & Public Affairs Leader di Avio Aero, che ha condotto insieme a Diva il convegno sul personal branding e l’ha anche intervistata per il women network toccando tutti i temi più interessanti su disparità di genere e il binomio donne-tecnologia.

Binomio di cui ha veramente fornito un esempio tangibile, anche considerando le parole di chi, come Federica Esposito, ha assistito al convegno in collegamento video da un’altra sede: “mi ha colpito l’approccio innovativo e la confidenza nelle proprie capacità che Diva ha espresso… mi sono resa conto, guardando ai risultati e al suo modo di pensare fuori dagli schemi, di avere davanti una ‘woman in tech’ in carne e ossa!”

L’altra cosa che impressiona guardando la platea con cui Diva si è interfacciata, è la numerosa presenza maschile. Indice dell’accessibilità del network e dell’ininfluenza del genere quando si tratta di apprendere e scoprire un modello di successo. “Ho apprezzato molto franchezza e onestà con cui Diva si è presentata” dice uno degli spettatori maschili connessi da  Torino, Andrea Pisoni. “Non ci ha voluto incantare con una storia ideale in cui tutte le scelte erano perfettamente incastrate fra loro, ma ci ha parlato di un percorso fatto di passi falsi e scelte sbagliate, che però l’hanno portata infine alla scelta giusta. Addirittura avrei intitolato il convegno ‘Essere se stessi per raggiungere i risultati migliori’ ”.

“La cosa che mi dispiace più di tutte” ha confessato Diva, al proposito di #balancetheequation, “è la modalità di relazione che purtroppo si instaura con alcuni stakeholder, specialmente italiani, nel momento in cui ti presenti a loro come giovane imprenditrice col tuo prodotto hi-tech: ti fanno sentire la ragazzina alle prime armi, o usano un tono familiare, vezzeggiativo, lontano da quello professionale che ti sforzi al massimo di mostrare”. Ma poi Diva ci ha detto che ha pian piano affinato il modo di porsi e proporre la sua azienda, specie con chi in Italia e in Europa mostrava un atteggiamento troppo “old school”.

A guardare l’ammirazione e l’attenzione negli occhi del pubblico che l’ha incontrata e ascoltata dal vivo - e specialmente di quello maschile - possiamo confermare che il nuovo approccio di Diva funziona alla grande.